Secondo i dati INPS, le donne sono sovra-rappresentate nei settori dove i salari sono più bassi e sono poco presenti nelle posizioni di vertice, i gap retributivi sono sia nel settore privato, sia – seppure in misura minore – in quello pubblico. Tutto questo, e altro ancora, si riflette sul versante pensionistico producendo anche il gap nel sistema previdenziale. L’organizzazione del lavoro è ancora al maschile, i servizi per l’infanzia mancano: anche da questi dati, presentati recentemente dall’INPS al convegno “Analisi dei divari di genere nel mercato del lavoro e nel sistema previdenziale”, si capisce che l’Italia non è un paese nemmeno per donne in pensione. Per approfondire lo scenario sconcertante leggi qui.
Molto interessante inoltre su questo gap, è anche l’articolo di Elsa Fornero (La Stampa, 25 febbraio 2024) in cui la professoressa evidenzia, a proposito di paternalismo diffuso, che “Le norme sulla parità salariale sono chiare ma non bastano, perché molti espedienti consentono di retribuire meno una donna che svolge sostanzialmente gli stessi compiti di un uomo, magari sotto un’etichetta formalmente diversa. Si crea così un divario pensionistico, in quanto la pensione dipende dai contributi versati nel corso della vita lavorativa, e contributi minori si trasformano inevitabilmente in pensioni più basse. A questo la politica può certo porre rimedio con misure assistenziali, ma si tratta di una soluzione a posteriori e non di quella più equa, ovvero dare alle donne le stesse possibilità di lavoro degli uomini.”
Altro dato interessante: dall’inizio del 2024 i femminicidi sono 20 (leggi qui di queste donne e quello che è successo ad ognuna di loro).
I numeri sono preoccupanti, il fenomeno è ormai strutturale, e decisamente si fa ancora poco a riguardo. Come poco si investe sia nei centri antiviolenza, sia nella formazione delle forze dell’ordine, tantomeno – purtroppo – nelle scuole riguardo l’educazione al rispetto e alla parità di genere.
Gap retributivi, pensionistici e femminicidi: fenomeni apparentemente separati o al massimo paralleli, invece hanno un punto in comune. Quello del valore e della necessità di una parità finanziaria e di un’educazione finanziaria, contro la violenza economica – quella eclatante e quella più sottile – perché soprattutto l’autonomia economica e la consapevolezza delle sue implicazioni rende le donne libere di scegliere di essere, di lavorare, di vivere, indipendentemente da un uomo. Violento o no che sia.
Buon 8 marzo a tutte le donne e a tutti gli uomini che con le donne si alleano contro il patriarcato