Né cicale né formiche. Esseri umani anche in smart working.

Si riprende! E il lavorare anche da remoto ricomincia ad essere per alcuni un’opportunità di migliore qualità della vita, per molti altri una sorta di incubo perché o non ne percepiscono i vantaggi per il tipo di vita privata da condurre tra famiglia, dad e altro, o l’azienda da cui dipendono è incapace di riorganizzarsi mettendo a valore l’esperienza che – rivisitata al di là della pandemia – potrebbe migliorare produttività, motivazione, clima e benessere individuale, collettivo e organizzativo.

La cultura del controllo ad alito sul collo è dura a morire, come dimostra il ministro Brunetta (vedi in questa intervista al Ilsole24Ore ) che ignora o non capisce dati, contesti, ricerche che in tutto il mondo dimostrano il contrario delle sue affermazioni (per approfondimenti leggi qui).

Per fortuna si diffonde l’intelligenza gestionale di molte aziende che si stanno attrezzando per coniugare lavoro da remoto e lavoro in presenza in modo mirato e flessibile, sia rispetto al tipo di attività sia rispetto alla volontà delle persone che in esse lavorano. Si tratta di sostenere modalità e filosofie di lavoro che nel XXI secolo siano coerenti con la complessità del mondo che viviamo e che, tra luci e ombre, possano valorizzare nuovi equilibri e necessità. Perché anche in smart working chi lavora è un essere umano, né cicala, né formica.