Sotto la punta dell’iceberg di una società orientata solo al lavoro si celano nuove forme di patologie.
Il “dover essere performanti” può far perdere totalmente la distinzione tra tempo lavoro e tempo privato, ma non solo: si può perdere di vista anche quella dimensione etica del lavoro che si fonda sulla relazione e la cooperazione sociale.
Per molti ruoli, alte aspettative sul lavoro unite al bisogno di autorealizzazione vanno di pari passo con rischi di alta frustrazione: è il paradosso dell’identificarsi con il lavoro.
Ma quindi l’alienazione non c’è più oppure sì? C’è, seppur con nuove forme.
È da questo concetto che la filosofa berlinese Rahel Jaeggi prende lo spunto per il suo saggio “Nuovi lavori nuove alienazioni”, di cui ho scritto una recensione che potete leggere qui.