Il nuovo ritmo di uno degli andamenti del mondo del lavoro prende a prestito il nome dal jazz.
Infatti, negli anni Venti (e a seguire), gig era la chiamata per una serata, un’esibizione, un ingaggio, nei fumosi locali di New Orleans o Chicago. Diviene così poi sinonimo di lavoretto e oggi, dopo le crisi del 2008 e soprattutto quella del 2011, il lavoro a chiamata in variante gig diventa il fenomeno della gig economy e si diffonde sempre più! (E per non fare brutte figure ricordiamoci che la pronuncia è con la g dura.)
Esperti e osservatori si dividono tra convinti assertori ottimisti del nuovo mondo del lavoro in versione gig a suon di app che aiuta logiche smart e free del lavoro e di vita, e altri meno ottimisti, più perplessi se non addirittura contrari a logiche che mettono a sistema precarietà totale, instabilità, insomma il delirio di una già difficile italiana flessibilità del lavoro.
Nel mio articolo pubblicato sulla rivista LEADERSHIP & MANAGEMENT a novembre 2018, leggi su questo fenomeno vantaggi, rischi e paradossi da più punti di vista.
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